Giugliano, la carestia e l’epidemia del 1764, lo strano caso del balsamo di Cantiano

Giugliano, la carestia e l’epidemia del 1764, lo strano caso del balsamo di Cantiano




 

La cattive annate che precedettero l’anno 1764 nel Regno di Napoli, unite alla scellerata speculazione sui grani, provocarono una carestia che può ritenersi una delle maggiori delle molteplici carestie che hanno afflitto nel tempo le nostre zone. Era successo che la superficialità degli eletti della città di Napoli, di fatto i rappresentanti delle case nobili e relativi seggi, ovvero coloro che specularono in quella occasione, come sempre, sulle miserie e la fame della città, non avevano provveduto a prenotare sui mercati nazionali ed internazionali i quantitativi di grano necessari in previsione dei bisogni che sarebbero scaturiti della penuria della produzione che andava manifestandosi nelle campagne. Determinatosi il bisogno acuirono ancora di più la loro bramosia di speculazione acquistando a spese del pubblico erario partite di grano di cattiva qualità sui mercati del nord Italia, della Sicilia, della Francia e dell’Inghilterra. Gran parte di queste derrate dovettero essere distrutte per la loro scarsa qualità e per essersi deteriorate durante il trasporto per mare. Ne derivò, prima, una grave carestia in tutto il Regno e, poi, una paurosa epidemia di tifo petecchiale che unita alle croniche condizioni di malsalute della popolazione fecero registrare una quantità di morti, dovuti alla malattia, alla fame ed ai tumulti, che oscillarono dalle decine di migliaia alle centinaia di migliaia, a seconda delle fonti. La fase acuta della mortalità si racchiuse nei circa 100 giorni della primavera. Una dettagliata descrizione fu redatta, oltre cento anni, dopo da Salvatore de Rienzi con il volume Napoli nell’anno 1764 ossia documenti delle cause e della epidemia che desolarono Napoli nel 1764. Il volume, edito nel 1886, risente della nuova situazione politica e pecca di anti casa Borbone ma risulta prezioso per i documenti che riporta. Unico medicamento che diede risultati fu il Balsamo di Cantiano. Prodotto nella località dello Stato Vaticano utilizzava come elemento base l’iperico, una sostanza descritta già da Plinio nella sua opera Naturalis Historia. Protetto da papa Clemente XIII con una privativa, una sorta di marchio registrato, fu disprezzato dai medici napoletani che unendo come cura salassi e preghiere avevano fatto molto meno del vituperato medicamento. E a Giugliano cosa accadde in quell’anno? Lo sappiamo grazie al notaio Pirozzi. Preziosa fonte che con il suo diario ha lasciato le uniche descrizioni, a noi pervenute, delle cronache quotidiane della nostra comunità. Quindi sappiamo che già nell’autunno precedente era stata disposta l’annona dei cereali. Ogni università avrebbe dovuto comunicare i quantitativi, in tomole, di grano e grado d’india posseduti. A questa disposizione seguì la scomparsa di ogni riserva posseduta tant’è che gli eletti incaricati di registrare i quantitativi trovarono ben poca roba. Ovviamente sottobanco il grano si vendeva ma a caro prezzo. La popolazione aveva come unica fonte di approvvigionamento il forno pubblico ove il pane di vendeva a prezzo calmierato. Esaurite le riserve il forno pubblico restò chiuso. Fu la rivolta della popolazione affamata. In corteo andarono a Camposcino ove abitava uno degli eletti, tal Domenico Izzo, con asce e martelli sfondarono il portone di casa e misero a soqquadro ogni cosa che si trovava sul loro cammino, fu la volta, poi, da Giovanni di Stasio e quanti, a detta della popolazione, avevano imboscato il prezioso alimento. La maggior parte della popolazione benestante fu costretta a barricarsi nelle case. Anche la casa del notaio fu oggetto di assalto, segno del suo essere famiglia ricca e benestante, nonostante che forti lucchetti di ferro ne impedissero l’apertura dei portoni. Gli affamati cercarono di penetrarvi attraverso la casa della famiglia Fammiano, da poco acquistata dal notaio, ma l’intervento di persone a servizio della famiglia servi a scongiurare ogni violenza alle persone. Alla fine il quantitativo di grano recuperato servì a calmare momentaneamente le acque. Successivamente coloro che avevano guidato la rivolta furono imprigionati e, come dice il notaio, morirono miserabilmente e disgraziatamente. Immaginiamo quali sofferenze dovettero subire oltre la fame e la miseria. Del resto anche il notaio lo dice: “in detto anno 1764 molte case de negozianti si fecero gran danaro e molta povera gente si morì di fame”. In quanti morirono ? Un dato possiamo ricavarlo dai registri parrocchiali dei defunti. Nell’anno 1753 i morti registrati nei registri delle quattro parrocchie furono 97, nell’anno 1764, quello della epidemia, l’impennata sale a 148 decessi, insomma un incremento notevole ma non generalizzato. Se le parrocchie di san Marco e san Nicola fanno registrare una pareggio dei dati e sant’Anna un lieve incremento è solo la parrocchia di san Giovanni a passare dai 39 decessi del 1753 ai 81 decessi del 1764. Perché? Non lo sappiamo. Probabile che essendo i figliani abitanti della zona agricola della Università di Giugliano abbiano avuto contatti per motivi di commercio con persone provenienti dalla città favorendo il contagio del tifo. È solo una ipotesi ma l’ipotesi è il primo passo della ricerca storica.

Pio Iannone